
Disconnessione
Un racconto sull’educazione, la memoria e il pensiero autonomo nel 2045
di Pier Luigi Lai
Racconto di co-scrittura aumentata da IA di Pier Luigi Lai – Logus Mondi Interattivi Editore
(Da un’idea di V. Gasperi e ispirato al racconto “The Feeling of Power” di Isaac Asimov)
Nel 2045 l’intero sistema educativo era organizzato attraverso piattaforme digitali intelligenti.
I contenuti si adattavano automaticamente ai profili degli studenti, e le attività si svolgevano in ambienti completamente connessi.
Alcuni aspetti del percorso erano suggeriti, altri lasciati alla libera organizzazione.
Un giorno, mentre Chiara cercava un adattatore in un vecchio deposito, notò un oggetto fuori posto: rigido, ruvido, spesso.
Un libro cartaceo.
Ne aveva sentito parlare. Non ne aveva mai visto uno.
Lo aprì con cautela, come se potesse rompersi. Le pagine odoravano di polvere e tempo.
Tra pagina 93 e 94, un foglio piegato. Scrittura a penna:
“Prova a calcolare 23 × 47 senza dispositivi.”
E. Aurelianis, 2026
Rimase immobile. Lesse e rilesse.
Un fremito sottile le attraversò il petto.
Non era paura. Era stupore. Un’emozione che non sapeva di poter provare.
Spense tutto.
Si disconnesse dall’interfaccia cognitiva.
Il sistema di supporto smise di suggerire. Nessuna guida. Nessun feedback.
Il mondo sembrava sospeso.
Rovistò in un vecchio cassetto. Trovò una penna.
La tenne in mano per qualche secondo. Era fredda, concreta, pesava.
Provò. Sbagliò. Riprovò.
I numeri uscivano lenti, incerti, come se la mente dovesse reimparare a camminare.
Quando scrisse 1081, non era il risultato a colpirla.
Era l’averlo raggiunto da sola, pensando, a mano.
E in quel momento, qualcosa si era acceso. Qualcosa che non aveva nome, ma che le apparteneva.
Nei giorni successivi tornò. Non per dovere. Per desiderio.
Cercava altri fogli. Li trovò.
Sempre firmati Aurelianis.
“Conta senza numeri.”
“Disegna una spirale che non torna indietro.”
“Spiega il tempo senza nominarlo.”
Li prese uno alla volta. Li risolse così, senza fretta, senza alcuna connessione apparente, solo per il gusto di farlo.
Nessun punteggio. Nessuna notifica. Nessuna spiegazione.
Scriveva. Disegnava. Cancellava.
Era un tempo inutile. Eppure intensamente suo.
Un tempo che non era tracciato, valutato, assegnato.
Solo vissuto.
Fino a quando trovò l’ultimo foglio.
“Se sei arrivata fin qui, non ti basta sapere. Vuoi capire.”
Rimase ferma.
Tenne il foglio tra le mani a lungo.
E capì.
Non era finito nulla.
Era appena cominciato.
Da quel giorno, Chiara cominciò a scrivere anche lei:
“Scrivi una domanda che non finisce con un punto interrogativo.”
“Disegna una parola che non esiste.”
“Spiega qualcosa che non sai.”
Li lasciava nei corridoi, sotto i pannelli di ricarica, dentro le custodie dei dispositivi.
Non cercava attenzione. Solo possibilità.
Varchi.
Un giorno, una docente si fermò.
Raccolse uno dei fogli che Chiara aveva trovato nel vecchio libro cartaceo. Lo lesse due volte.
Lo tenne un momento tra le mani, sorrise, poi lo piegò con cura e lo conservò nella tasca del suo quaderno.
Lo stile, la scrittura, il corsivo curato — li riconobbe subito.
Era la scrittura del nonno.
Nei giorni successivi, i fogli scritti a mano, con calligrafie sempre diverse, ma con la firma di E. Aurelianis, cominciarono a moltiplicarsi.
Comparivano sulle scrivanie, nei vani di ricarica, tra le note di sistema.
Nessuno ne rivendicava la paternità.
Non serviva.
Chiara li osservava apparire, diffondersi, ricomparire in nuove forme.
E capì che una porta si era aperta.
Poi un’altra. Poi un’altra ancora.
Non tutte insieme. Ma cominciavano ad aprirsi.
Non porte chiuse.
Porte che, fino ad allora, nessuno sapeva nemmeno esistessero.